Il 2019 è stato un anno intenso per Insubrica Historica. Diverse presentazioni e contatti ci hanno permesso di conoscere delle interessanti persone e nuovi luoghi, soprattutto in Italia a Biella, Torino e Varese. Abbiamo anche lavorato sodo per programmare con l’Antenna Ticinesi dei Verbanisti delle attività per il 2020, le quali siamo sicuri porteranno nuovi ed inediti dettagli della storia locale. Stiamo anche preparando in questi giorni un nuovo lavoro editoriale bilingue – italiano e tedesco – per Insubrica Historica.
Proprio nel procinto di ricercare per questo lavoro – in particolare la figura del comunista ticinese Romeo Nesa – ci siamo imbattuti nella testimonianza del socialista e giornalista Marco Tognola. Chiudiamo quindi questo intenso anno di attività, permettendoci di riportare integralmente quanto Tognola aveva scritto nel lontano 1997. Il contributo concerne lo stesso “maestro” di vita, ovvero mio nonno materno Giacomo Domingo Candolfi (1906-1997).

Fonte: Schweizerisches Sozialarchiv Sozarch_F_5031-Fa-0201
Omaggio ad un maestro
Ciascuno di noi ha avuto (ha) dei maestri: di scuola, innanzitutto, ma anche di lavoro e, più in generale, di vita. Persone che hanno influito sulla nostra formazione, guide importanti per condurci nel difficile percorso della vita.
Nel mio percorso sindacale ho potuto, fra le altre, contare sulla guida di una persona straordinaria, Giacomo Candolfi, recentemente giunto al capolinea di un ‘esistenza vissuta dalla parte giusta: quella dei lavoratori.
Proprio nell’anno in cui io debuttavo, Zurigo, alla redazione di Edilizia svizzera, lui terminava a Locarno, l’intensa attività, iniziata ben 36 anni prima, di segretario sezionale dell’allora Federazione svizzera dei lavoratori edili del legno.
Le mie radici, in parte locarnesi, mi portarono quasi naturalmente ad entrare in contatto con l’ambiente sindacale di quella città. Giacomo Candolfi mi «adottò» con affettuoso entusiasmo, contento com’era di poter contribuire ad avviare un pivellino sulla retta via, tant’è che nostri incontri non si interruppero quando lui passò – come si usava allora dire – «al beneficio della meritata quiescenza».
Ho così avuto il privilegio di conoscere, dalla viva voce del protagonista, le varie tappe di una vita straordinaria, una vita vissuta all’insegna di due
princìpi fondamentali: il lavoro la solidarietà. Così, mi raccontò d’aver sentito ardere dentro di sé il sacro fuoco sindacale sin dalla giovanissima età ed a quattordici anni, emigrato come «bocia» Bulle, seguendo il padre sulle orme di tanti onsernonesi – secondo un detto popolare la fame dell’Onsernone era, con il ponte di Melide e il campanile di Intragna, una delle tre meraviglie del Cantone – partecipò al primo sciopero della sua vita che lo mise in contatto con il sindacato e che contribuì non poco a forgiare il suo carattere di lottatore instancabile.
Era il 1920, un anno di grandi conflitti sociali in Svizzera. Ripercorriamo insieme quei momenti scopriamo il clima di allora con la testimonianza scritta di Augusto Vuattolo, il sindacalista d’origine friulana che di Giacomo Candolfi fu maestro (cfr. Storia della Federazione svizzera dei lavoratori edili del legno 1873-1953, voi. 2, pag. 385).
«Nel 1920 fu combattuta la lotta più vasta fino allora conosciuta nell’arte muraria svizzera. La Federazione svizzera dei capimastri, che nell’anno
precedente aveva accettato l’orario di 48 ore sino alla fine di dicembre, era risoluta a d’imporne uno più lungo nella primavera del 1920. Da parte loro gli operai, rafforzata alquanto la loro organizzazione ed incoraggiati dai successi degli ultimi anni, erano fermamente decisi a difendere la conquista fatta con tutti mezzi disponibili ed a costo di qualsiasi sacrificio.
In alcune località gl’imprenditori pretesero d’imporre fin dal febbraio e prima che le due federazioni, padronale ed operaia, avessero esaminata, secondo la decisione dell’anno precedente, la questione, un orario superiore alle 48. Perciò in data 2 marzo la Federazione muraria protestò presso quella dei capimastri contro tale modo di procedere, le chiese di disporre acchè l’orario stabilito venisse rispettato ovunque fino ad accordi diversi e si dichiarò pronta partecipare a trattative in merito.
In tale scritto, di protesta e di monito, l’organizzazione operaia diceva, tra l’altro: “Gli operai edili sono unanimi nel ritenere che non si possa nemmeno parlare di modificare l’orario di lavoro vigente, ossia di prolungare l’attuale orario settimanale di 48 ore “. Nei giorni 6 e 7 dello stesso mese si riunì a Zurigo l’Assemblea dei delegati della Federazione dei capimastri, la quale conformò l’irremovibile opposizione alla settimana di 48 ore. Il conflitto si estese. Gl’imprenditori di diverse località proclamarono ed attuarono la serrata contro quegli operai che si erano rifiutati di lavorare più di 48 ore. In alcuni luoghi gli operai risposero alla serrata con lo sciopero. I rapporti tra la Federazione dei capimastri e quella dei muratori e manovali erano tesissimi. La lotta era virtualmente iniziata…».
Giacomo Candolfi mise frutto quell’esperienza adolescenziale di lotta in altre agitazioni da lui stesso condotte come sindacalista fra cui, memorabile, lo sciopero del 1941 che vide gli scalpellini del Locarnese incrociare le braccia per ben 119 giorni; non solo, ma quell’esperienza lasciò un segno indelebile nel suo carattere di uomo e di sindacalista che ha avuto l’enorme merito di fare della coerenza il proprio principio di vita. Non è poco. Ma soprattutto, con i tempi che corrono, è bene ricordarlo.
Articolo redatto da Marco Tognola, apparso nella pubblicazione “Lotta Sindacale: Organo ufficiale del Sindacato dell’industria, della costruzione dei servizi FLMO No 37, venerdì 12 settembre 1997.
A proposito di Giacomo Domingo Candolfi avevamo scritto in precedenza, riguardante il suo ruolo nella Valle Onsernone.