È indubbio che quanto abbiamo vissuto di prima persona negli scorsi mesi lascerà un’impronta indelebile nella nostra vita. Non solo in quella sociale ma anche in quella professionale. Con questo breve contributo vogliamo portarvi un paio di elementi alla nuova realtà del lavoro che si presenterà dopo questa nuova situazione.
Lo spunto di questo articolo è dato da un articolo pubblicato sull’autorevole quotidiano zurighese Neue Zürcher Zeitung, dal titolo: “Das Büro taugt zum Arbeiten nicht besonders gut, aber für viel anderes” tradotto in Italiano “L’ufficio non è particolarmente adatto al lavoro, ma per molte altre cose“. L’articolo apparso originalmente nell’inserto Feuilleton riprende a sua volta un White-Paper di Vitra AG, ed è questo documento che è particolarmente interessante.
Il documento è intitolato a sua volta: “The e-paper about the future of work – Issue 01” verosimilmente il primo di tre documenti ad essere pubblicato nel 2020 dalla prestigiosa istituzione dell’arredamento.
Particolarmente interessante è la breve storia sullo sviluppo del Home-Office scritta dalla rinomata giornalista e critica di design Alice Rawsthorn. La nozione del “lavoro da casa” non è qualche cosa di nuovo, bensì un aspetto del lavoro che anche in Ticino ed Insubrica fu presente almeno dall’inizio del ventesimo secolo.
Cosa cambia rispetto al passato, è che allora l’Home-Office era qualche cosa presente solamente agli estremi delle fasce sociali. Lo praticavano le persone ricche – che non avevano appunto bisogno di recarsi al luogo di lavoro e potevano lavorare da casa – oppure quelle più povere che da casa, spesso donne che in situazioni estreme svolgevano per lo più lavoro a cottimo. Il lavoro a cottimo è una forma di retribuzione per la quale la persona è remunerata in base al risultato ottenuto, anziché in base alla durata del lavoro. In pratica: quanto produce, tanto viene pagata.
Il lavoro a cottimo porta quindi a sovraccaricare il lavoratore, ostacolando anche lo sviluppo delle prestazioni, non vi è un incentivo di miglioramento, e il solo contributo considerato è la quantità di lavoro prodotto. Il grande pericolo del cottimo è quindi quello di essere a scapito della qualità in favore della quantità. Si tende quindi a produrre una qualità inferiore a cottimo, che a sua volta può portare a costi più elevati se sono necessarie misure di garanzia della qualità. Il cottimo porta anche a tassi di malattia più elevati, perché anche le malattie minori potrebbero portare a prestazioni lavorative inferiori.
Ritornando alla nostra realtà locale, andando indietro nella storia vi soo diversi esempi di lavoro fatto da casa. Dalla mia propria nonna materna, Maria, che riceveva da una fabbrica di caramelle di Ascona, scatole di caramelle da confezionare in una carta di cellophane arancione. Mi ricordo ancora giovanissimo i pomeriggi passati in salotto, a confezionare con la nonna queste caramelle, una dopo l’altra. Alcune vennero purtroppo anche mangiate dal sottoscritto.
In Svizzera la base legale del lavoro a cottimo è dettata dal Codice delle obbligazioni, ed in particolare dall’articolo 326 e seguenti “Obblighi del datore di lavoro / V. Lavoro a cottimo / 1. Affidamento di lavoro“.
Probabilmente in una futura realtà lavorativa di post-Corona, ritorneremo sempre di più a questa forma particolare di lavoro e retribuzione. In sostanza è quello che la Rawsthorn menziona tra le righe del suo contributo. Pur concentrandosi sull’aspetto del design, avremo comunque nel futuro un modo di lavoro più legato ad un progetto particolare.
Finito il progetto termina il rapporto di lavoro. Il lavoratore, e non sarà più quello appartenente agli estremi della classe sociale, avrà sicuramente il beneficio di lavorare da casa, ma il rapporto con il datore di lavoro diventerà sempre più fluido. Vi saranno sicuramente anche delle ricadute sull’iterazione con altri individui, dato che verrà a mancare per il lavoratore una dimensione sociale di notevole importanza, che è quella come intitola il contributo della NZZ viene appunto fornita dall’ufficio stesso.