Un tribunale turco ha all’inizio di luglio 2020, deciso la nuova trasformazione della chiesa bizantina Hagia Sophia (Santa Sofia) da museo in moschea. Con la conversione dell’edificio più famoso della metropoli turca affacciata sul Bosforo, Recep Tayyip Erdogan soddisfa i desideri dei circoli religiosi mussulmani più conservatori. Per i sostenitori di una Turchia laica, la decisione è un’altra battuta d’arresto. Pochi però sanno che furono due grandi architetti ticinesi di Morcote – vi ritorniamo dopo avervi parlato recentemente della famiglia Paleari – a ridargli splendore. Questo breve contributo di Insubrica Historica ripercorre il contributo dei fratelli Gaspare e Giuseppe Fossati.
L’Hagia Sophia di Istanbul, costruita sotto l’imperatore Giustiniano nel 532-37, è una delle opere più straordinarie dell’architettura mondiale. Fu la chiesa principale dell’Impero Bizantino fino a quando non fu islamizzata nel 1453 dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi. Quando l’edificio era ormai fatiscente, a metà del XIX secolo, il Sultano appena ventennne Abdul Mejid I incaricò l’architetto ticinese Gaspare Fossati (Morcote 1809 – ibid. 1883) di restaurarla.

Fonte: Wikipedia.
Gaspare era cresciuto in una dinastia di architetti. Giorgio Domenico, il bisavolo di Gaspare, era stato architetto e incisore a Venezia, pubblicando anche un’importante volume “Storia dell’Architettura”. Il nonno, Carlo Giuseppe, era stato architetto di Ferdinando I, del Re delle due Sicilie. Dopo gli studi all’Accademia di Brera e i viaggi a Roma e Venezia, durante i quali realizza litografie, si reca a San Pietroburgo nel 1833. Molto precoce, all’età di 24 anni, lavora con Luigi Rusca (Agno 1762 – Valenza 1822) e subisce l’influenza del classicista Carlo Rossi. Durante questo periodo progettò, tra l’altro, la villa a Villa Benardaki sulla Nevsky Prospekt e la Chiesa italiana a Mosca.

Fece una carriera fulminante, tanto che neanche trentenne, venne nominato nel 1836, “architetto ufficiale di corte” dello zar. Sposò poi la nipote di Luigi Rusca e fu infine mandato a Istanbul nel 1837 per progettare l’ambasciata russa a Costantinopoli. L’ambasciata rimane purtroppo da sempre inaccessibile al comune turista.

Fu appunto grazie al Sultano Abdul Mejid I – conosciuto come riformatore – che Gaspare Fossati potè affermarsi in un “mercato” cosi remoto come quello di Istanbul. Fossati si rivolse a Hagia Sophia come a un restauratore estremamente attento e sensibile, sia dal punto di vista architettonico che estetico. Innanzitutto, forte della sua esperienza acquisita a San Pietroburgo, seppe avviare le misure di salvataggio più urgenti, dato che l’edificio oramai fatiscente, era in pericolo nella sua esistenza.
Fossati iniziò il consolidamento dell’edificio ponendo un’ancora ad anello attorno alla cupola e contemporaneamente rimuovendo quattro contrafforti risalenti all’epoca turca, ancora visibili su una litografia dello stato prima del restauro. All’interno eresse dodici colonne che si erano inclinate minacciosamente a causa del cedimento della volta. Il successo di questo difficile compito tecnico assicurò a Fossati la piena fiducia del Sultano, che dal momento gli dette man libera oltre che un completo appoggio e disponibilità di mezzi finanziari.
Poco dopo l’inizio dei lavori, Fossati scoprì che sotto gli strati di intonaco delle volte e sulle pareti si trovavano mosaici dal VI al XIV secolo, tra cui mosaici ornamentali in oro e colorati, nonché rappresentazioni figurative con temi cristiani e imperatori e imperatrici bizantine. Nascosti e dimenticati per un lungo periodo di tempo, la loro scoperta significò una sensazione che si diffuse rapidamente in tutta Europa.

Un altro pregio del lavoro di restauro del Fossati fu la documentazione dei mosaici in disegni e acquerelli: Durante il loro lavoro, Gaspare Fossati e il fratello minore Giuseppe, anch’egli architetto di formazione, registrarono lo stato del ritrovamento dei mosaici, dedicandosi in maniera acribica usando disegni e acquerelli.
Sembra che Fossati inizialmente intendeva pubblicarli come documentazione, ma non è stato in grado di farlo, soprattutto per motivi finanziari. Decise invece di pubblicare nel 1852 a Londra un magnifico volume di 25 tavole, che presentava litografie a colori con vedute esterne e interne della Hagia Sophia. Fossati ebbe molto rispetto e considerazione del Sultano Abdul Mejid I , dedicandogli il volume. Il lavoro è esemplare perché permise ai lettori di muoversi attraverso l’edificio, per così dire, per la prima volta nella storia delle rappresentazioni di Hagia Sophia e di comprenderne la complessa struttura spaziale.

Gaspare Fossati non si limitò a lavorare sull’Hagia Sophia, bensì nel periodo 1845-1847 aveva poco distante di Santa Sofia anche costruito l’università di Istanbul, purtroppo andata distrutta in un incendio. D’incendi che distrussero le opere del passato, Istanbul ne vide purtroppo parecchi. Gaspare Fossati operò anche nella realizzazione dell’ambasciata di Olanda e della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo nel quartiere di Karakoi, distretto di Beyoglu di Istanbul. La particolarità architettonica di questo quartiere è quello di assomigliare molto alla vecchia Genova potenza marittima.
Dopo aver fatto il punto della situazione generale, Gaspare Fossati progettò un concetto di restauro che fissava nuovi standard, rivoluzionario per la metà del 1800. La pratica comune nei paesi europei in cui le chiese sono coinvolte nei lavori di restauro era ben differente. Questi oggetti erano spesso risanati senza esitazione, cioè venivano rapidamente e stilisticamente “puliti”. Ben differente fù invece la strada scelta dal Fossati, che forte del sostegno economico datogli dal giovane Sultano Abdul Mejid I, seppe valorizzare l’Hagia Sophia come un pensiero storicamente cresciuto-
tempi, in cui componenti ed elementi sia bizantini che islamici restavano intatti fianco a fianco.
La capacità di Fossati fu quella di colmare le lacune della Hagia Sophia solo otticamente – a differenza di quanto è invece successo con la restaurazione per esempio del Duomo di Aquisgrana (Aachen)-, imitando volutamente lastre di marmo e mosaici mancanti con materiali diversi da quelli originali, con stucco lucido e foglie d’oro. In questo modo seppe creare un aspetto visivamente uniforme, che tuttavia potè conservare nella sua sostanza l’edificio storico e gli oggetti ivi esistenti.
Con la guerra di Crimea (1853-1856) il lavoro dei fratelli Fossati a Istanbul terminò rapidamente. Gaspare – rimasto molto legato all’Italia – fece ancora in tempo a prendere anche la cittadinanza italiana e decedette nel 1883. Il fratello Giuseppe organizzò ancora nel 1890 una mostra a Torino che riguardava i lavori fatti a Santa Sofia. Una parte dell’archivio di famiglia andò disperso, mentre il grosso si trova ancora conservato a Morcote.

Il concetto di restauro del Fossati per Hagia Sofia nasce dalla situazione specifica, perché l’uso come moschea a quel tempo offriva un restauro fin dall’inizio nello stato cristiano bizantino. Tuttavia, rimane che l’approccio fosse molto più avanti rispetto alla teoria e alla pratica della conservazione dei monumenti dell’epoca. Quindi senza il Fossati di Morcote, Ticino, Svizzera l’Hagia Sophia non avrebbe potuto sopravvivere ad assumere lo splendore che oggi ogni persona può ammirare.