Ricercare le vicende della presenza tedesca-fascista nella regione dell’Ossola e Verbano durante il periodo 1943-1945, permette anche di riscoprire personalità particolari. In questo contributo Insubrica Historica vi parla brevemente del fascista Amedeo Belloni. Uno dei massimi protagonisti fascisti della regione nel periodo 1920-1945.
Avevamo già fatto il nome di Amedeo Belloni in un precedente contributo riguardante la spirale di violenza che toccò la regione a partire dal 1920. Belloni è appunto una figura importante del fascismo novarese. Una persona che vivrà alti e bassi, i quali valgono la pena di essere ripercorsi in questo modesto contributo.
Amedeo Belloni nasce a Codogno (Milano) il 14 agosto 1887. Alto 1,80, con una cicatrice sulla fronte, aveva partecipato alla prima guerra mondiale con il grado di tenente di fanteria. Si stabilisce nel Verbano, con ogni probabilità a Pallanza, intorno al 1919 aderendo prima al Partito Rinnovatore (cfr La Vedetta 10/04/- 29/05 – 03/07/1920) poi all’Unione Costituzionale e infine al movimento fascista, distinguendosi come un violento squadrista. Girava sempre accompagnato da una decina di picchiatori. Durante la sua permanenza a Pallanza ricoprì le cariche di condirettore del giornale La Vedetta e poi di direttore de L’Unione, organo ufficiale del Partito Rinnovatore.
La prima notizia di una certa importanza l’abbiamo all’inizio del maggio 1923, quando la giunta esecutiva del Partito Nazionale Fascista (PNF) nomina Amedeo Belloni alla carica di fiduciario-segretario per la sezione di Novara. Belloni è uno dei primi fascisti “duri” ad apparire sulla scena politica del novarese. Nel dicembre dello stesso anno Amedeo Belloni viene promosso a segretario della sezione del PNF di Novara. In questo frangente appare anche Ezio Maria Gray (1895-1969), un’ulteriore personalità del fascismo novarese più intransigente, e assoluto nemico delle forze socialiste. Gray sarà poi nell’immediato dopoguerra insieme a Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano.
L’anno seguente, esattamente il febbraio 1924, la struttura del PNF nella regione inizia ad assumere una certa sostanza. Amedeo Belloni compare nella lista dei candidati alla Camera dei Deputati unitamente a Giovanni Alice e Roberto Forni (1886-1927). Nella stessa occasione Ezio Maria Gray vede assegnatali la carica di segretario provinciale della Federazione dei Sindacati. Vi sono ulteriori fascisti che vengono nominati come: l’avvocato Nestore Mecco (1875-1934) di Biella, l’avvocato Olmo di Vercelli e ancora Aldo Rossini, il quale però da tempo era entrato in conflitto con Gray e con Belloni.
La provincia di Novara fino al 1927, occupava allora un territorio vastissimo, ed era suddivisa fra i circondari di Biella, Domodossola, Novara, Pallanza, Varallo e Vercelli. Comprendeva quindi per intero i territori delle odierne province di Vercelli, Biella e Verbano-Cusio-Ossola. La provincia rimase comunque complicata da gestire anche dopo il 1927. La divisione voluta da Mussolini, aveva avuto il pregio di portare una simmetria nel territorio, perlomeno orizzontalmente, configurandosi con la zona pianeggiante, collinare e alpina, il tutto orbitante sul capoluogo Novara. L’unico inconveniente era che alcune zone nell’estremo nord della provincia (quali la Val Formazza, la Val Divedro, la Val Vigezzo) distavano oltre 100 km dal capoluogo ed erano difficilmente raggiungibili. Aspetto importante, soprattutto messo a risalto nel periodo 1943-1945 e nel mancato contrasto delle operazioni partigiane.
I conflitti all’interno della sezione novarese del PNF sono comunque diversi, tanto che il 10 marzo 1924 vi è addirittura un comizio a Biella, dove Roberto Forni unitamente a Raimondo Sala si schiera pubblicamente contro Amedeo Belloni. È un periodo cruciale, dove gli idealisti del fascismo (Forni) si scontrano contro i rappresentanti del sistema (Belloni), incolpati di malgoverno. Il conflitto Belloni-Forni si accentua ulteriormente alla fine di marzo 1924. Nel frattempo Belloni è comunque nominato direttore del giornale Giovane Italia, e combina l’attività di politico con quella di pubblicista e redattore.
Il partito fascista nel novarese ha comunque diversi problemi, e probabilmente gli stessi sono da ricercare anche nel carattere intransigente del Belloni, l’hardliner fascista si dimostra insigne esempio dello squadrismo rozzo e violento. Che Belloni abbia comunque una certa voce nella provincia, lo si capisce dal suo ruolo nelle dimissioni dell’allora sindaco di Intra, Enrico Albertini, costretto appunto dal Belloni alle dimissioni il 18 aprile 1924. La colpa del moderato Albertini era quella, di non avere sostenuto politicamente la candidatura del Belloni.
Nonostante i conflitti interni Amedeo Belloni continuava la sua ascesa all’interno del PNF provinciale, assumendo la carica nell’ottobre 1924 di presidente del Consiglio Provinciale di Novara, vice-presidente venne nominato l’avvocato Bozino. Il 13 novembre 1924 Belloni sfidò alla sciabola l’onorevole Aldo Rossini, presidente dell’Associazione ex combattenti ed eletto al parlamento nella sua stessa lista, quella del PNF. Il duello si svolse a Vercelli e Belloni fu colpito sette volte da Rossini, tutte ferite di lieve entità. Motivo del contendere: Rossini aveva pubblicamente ricordato a Belloni il suo arrivo a Novara solamente nell’aprile del 1922, proveniente dalle fila dell’Unione Costituzionale. (Cfr Domenico Cuttaia, Il prefetto Gasti a Novara 1924-1925, pp. 211-214).
La posizione di presidente del Consiglio Provinciale di Novara fu in un certo modo l’apice della sua carriera politica, dato che il 15 gennaio 1926 la reggenza del PNF per la provincia di Novara gli mise un freno, biasimandolo pubblicamente “…manifesto proposito di creare antagonismi …” . Appare evidente che il Belloni s’implica esageratamente in vicende personali all’interno del PNF novarese, e perde quindi in questo frangente il controllo organizzativo e politico del partito. La situazione è molto grave tanto che alla fine del gennaio 1926 viene sospeso da ogni attività politica fascista per la durata di sei mesi (cfr Giancarlo Pozzi, Il linguaggio di Enrico Vezzalini, in I sentieri della ricerca, giugno 2006, p. 33). Si tratta essenzialmente di un attacco personale sferrato da un altro reazionario fascista novarese, il tristemente famoso Giuseppe Dongo. In sostanza il Dongo accusa però il Belloni di essere omosessuale. Viene allontanato anche l’ex-segretario provinciale amministrativo Giuseppe Sessa, il quale viene invece sospeso per dodici mesi.
Belloni sembra quindi toccare il fondo della sua breve carriera politica fascista, tanto che poche settimane più tardi, il 4 febbraio 1926, rassegna le proprie dimissioni dalla carica di presidente del Consiglio provinciale di Novara. Per Belloni la situazione peggiora ancor più tanto che nel maggio 1926 viene espulso definitivamente dal PNF.
Il conflitto è da ricercarsi anche nelle posizioni estreme che Belloni aveva assunto in confronto del fascismo e anche di Benito Mussolini. Il Belloni molto vicino a Roberto Farinacci, sosteneva una direzione molto più estrema di quella moderata seguita da Benito Mussolini.
A questo punto si potrebbe pensare che la carriera politica di Amedeo Belloni sia completamente finita. Ebbene, è quasi l’opposto. Belloni riesce grazie ad intrallazzi interni a riabilitarsi, ampiamente aiutato dall’ex-nemico Rossini. Ricompare una prima volta il 15 1929 dove a Suna partecipa alla commemorazione dell’uccisione del fascista locale Ambrogio Montini. Belloni si sposta in questo periodo raramente a Novara, e rimane piuttosto a Pallanza, dove piano piano assume una certa importanza all’interno del fascismo verbanese, presenziando soprattutto ai funerali di camerati fascisti, i cosidetti “martiri”.
Nell’estate del 1931 conosce a Macugnaga la famosa poetessa di origine inglese Annie Vivanti (1866-1942) che gli consigliò di scrivere e pubblicare poesie (cfr Mario Bertolo, Quando le camicie erano nere. Verbania città nuova dalla storia antica, vol. V, p. 113). Alcuni suoi componimenti in onore di Mussolini gli fecero ottenere la riammissione al Partito, grazie anche all’intercessione del moderato fascista on. Giovanni Giurati.
La piena riabilitazione politica di Belloni avviene nel maggio 1933 quando viene chiamato a dirigere un operazione di propaganda agricola mirata alla produzione del riso. Belloni inizia quindi a girare in lungo e largo l’Italia con due cucine ambulanti, ambasciatore delle “alte qualità nutritive e delle possibilità cucinarie” del riso novarese. Belloni diventa quindi in pochi mesi il fascista campione del risotto nazionale (vedi Corriere della Sera, Il trionfo del risotto, domenica 28 maggio 1933). Egli farà una sorta di evangelizzazione del meridione a riguardo del riso, percorrendo tutte le regioni con delle “autocucine” e riscontrando, perlomeno consultando la stampa del periodo, un notevole successo. Non è chiaro per quanto tempo Belloni assume la carica di propagandista del riso, ma sicuramente fino all’inizio del conflitto.
Si potrebbe quindi pensare che Amedeo Belloni, diventato campione nazionale del riso, sia ora ritornato ad una posizione di rispetto. I fatti del 25 luglio 1943, con l’ordine Grandi e la rimozione di Benito Mussolini da capo del governo, riportano il Belloni sul basso fondo. Il 5 settembre 1943 viene con altri fascisti novaresi, sospettato di omicidio. L’accusa è di aver partecipato unitamente ad altri squadristi novaresi – in particolare il fascista Ambrogio Galbani – all’uccisione di un soldato italiano a Novara il 1.5.1943, probabilmente per un motivo politico. Il Galbani era l’autista personale del comm. Giuseppe Gabardini, perito in un incidente automobilistico il 9 gennaio 1936.
Il destino vuole però che sopraggiunge l’8 settembre 1943, con l’armistizio generale. Ne risulta un marasma generale, la quale permette al Belloni di scappare dal carcere, ed iniziare una nuova vita. Provvidenziale per il Belloni è l’avvento della Repubblica Sociale Italiana, il governo neo-fascista messo creato da Mussolini dopo la sua liberazione avvenuta il 12 settembre 1943.
I fascisti a Novara non sono più tanti, e Amedeo Belloni, trova quindi la possibilità di ricomparire sulla scena. assumendo rapidamente la carica di triumviro federale. Rimane a Pallanza-Verbania, tanto che partecipa ai funerali del vice-capo squadra fascista Natale Tamburini. Belloni, le quali doti militari non sono chiare, ebbe anche un ruolo secondario nel rastrellamento che portò all’uccisione del comandante partigiano Filippo Beltrami e 11 dei suoi partigiani.
L’avvento della RSI permette al Belloni di ritornare a coprire anche una carica politica, tanto che nel settembre 1944 viene nominato vice-segretario del Fascio repubblicano (PFR) (cfr Mario Bertolo, Verbania città nuova dalla storia antica, vol. II, p. 32). La carica viene appoggiata da Enrico Vezzalini. Molto probabilmente ancora alla fine di settembre 1944 il Belloni continua la sua carriera, venendo nominato questa volta a segretario. Il fatto di coprire una carica politica, permette al Belloni d’integrare anche la Sesta Brigata Nera “Augusto Cristina”, nella quale assume il grado come ufficiale di maggiore, comandante del battaglione “Quadri”.
Belloni rimane nel convulso periodo di Enrico Vezzalini all’interno del PFR novarese. A differenza di altri personaggi fascisti dediti al mercato nero, come Stefano Dongo, Belloni sembra invece rimanere un’intransigente fascista. Pur essendo implicato direttamente in buona parte di crimini contro partigiani e esponenti politici avversari, Amedeo Belloni, riuscirà a restare in vita dopo il conflitto. Viene amnistiato in istruttoria nel luglio 1946, l’imputazione era “… imputato di collaborazionismo e di propaganda antipartigiana sul quotidiano “Popolo Novarese”…”.
La madre di Belloni è sepolta a San Martino di Vignone, vicino a Verbania (cfr Mario Bertolo, Verbania città nuova dalla storia antica, vol. II, p. 32).