I lettori di Insubrica Historica si ricorderanno di come nel passato abbiamo scritto qualche contributo a riguardo della Decima Mas. Non avevamo però menzionato più di quel tanto la figura del Principe Junio Valerio Borghese e ancor meno il suo ruolo nel fallito tentativo di golpe in Italia del 1970. Molto di quanto successe toccò il Ticino. Questo contributo ricerca solo la parte “nera”, la storia verrà completata prossimamente con la presenza della parte “rossa” nel nostro Cantone.
Una delle figura più importanti, quanto meno conosciute nel tentativo di Golpe del 1970, fu Remo Orlandini. Emiliano nato a Villa Minozzo nel 1908, aveva militato già non più giovanissimo nella RSI. Dopo il 1945, nonostante venne condannato a morte da un tribunale partigiano, intraprese una carriera abbastanza proficua nel campo edile. Rimasto convinto fascista, entrò ben presto in contatto con Junio Valerio Borghese, del quale divenne una sorte di braccio-destro e finanziatore. Una volta fallito il tentativo, Remo Orlandini riuscì a rifugiarsi in Ticino, e sottrarsi alla giustizia italiana.

Visse per alcuni anni fino al 1974 dapprima a Robasacco, poi nell’alto Vedeggio, a Rivera e soprattutto a Camignolo. Affittava un modesto appartamento all’entrata del villaggio, posto in Via Béla e intestato ad un certo Binghelli (per altre fonti Binggeli), un bresciano che però viveva a Berna. Durane il suo soggiorno ricevette la visita di diverse persone, cosa che insospettì i vicini dell’Orlandini. Si mormora che fra le persone che lo visitarono vi fu anche Vito Miceli (1916-1990), ex responsabile del SID (il controspionaggio italiano). Miceli fu poi deputato alla Camera per il Movimento Sociale Italiano .
In Ticino l’Orlandini non soggiornò per molto tempo, dato che il 10 ottobre 1974 venne espulso. Orlandini continuò il suo periplo, alla volta della Spagna, in quel momento ancora fascista e governata da Francisco Franco. Non rimase a lungo in libertà, dato che il 21 dicembre 1977 venne arrestato e rinchiuso a Tarragona. Venne poi estradato in Italia e incarcerato a Roma.

Lo stesso Junio Valerio Borghese che dopo aver fallito il Golpe del 1970 venne intervistato dalla Televisione della Svizzera Italiana (TSI). La sua presenza venne notata anche a Locarno – attorno al 1973, dove soggiornò brevemente in un albergo della regione. Borghese decedette il 26 agosto 1974 a Cadice.
Ma il Ticino fu terra d’asilo per altri neofascisti italiani. Angelo Angeli conosciuto come il “bombardiere nero” vi trovò rifugio e venne giudicato in un complicato processo di estorsione tenutosi a Mendrisio nel 1974, e che coinvolse altri neo-fascisti italiani. Messo in libertà provvisoria a Lugano, scappò alla volta della Grecia.

Giancarlo Rognoni, di Milano, spietato organizzatore del fallito attentato al treno Torino-Roma del 7 aprile 1973 rimasi per più di 12 mesi tranquillamente in Ticino, nonostante fosse ricercato con un mandato d’arresto dalla magistratura ginevrina. Il Rognoni venne poi condannato in Italia a 15 anni di reclusione.
Il giovane fascista Antonio Braggion, allora ventunenne, che il 16 aprile del 1975 uccise in piazza Cavour, dopo essere stato assalito da un gruppo, l’antifascista Claudio Varalli. Si stabili per alcuni anni in Ticino e nel 1978 chiese anche asilo politico al Canton Ticino. Dopo aver scontato la pena in Italia diventò avvocato, è deceduto nel 2018 a Milano.

Altri invece come Sandro Saccucci, esponente del Movimento Sociale Italiano, implicato nell’uccisione di un esponente del PCI durante un comizio a Sezze nel Lazio, venne nel 1976 fermato dalla Guardie di Confine elvetiche al valico di Brogeda. Stessa sorte toccò a Luigi Cavallo, ex-partigiano, ma comunque implicato in nel Golpe bianco di Edgardo Sogno, e respinto alla frontiera ticinese nel 1977 perché sprovvisto di regolare documento d’identità.

Ma il fermo e intercettazione più clamorosa la si ebbe il 20 settembre 1972. Una Mercedes targata Roma venne fermata a Brogeda, a bordo vi erano tre persone: la tedesca Gudrun Mardou Kiess, Gianni Nardi e Luciano Bruno Stèfano. Al controllo vennero rinvenuti: 12 candelotti di gelatina, 10 metri di miccia a combustione lenta, e due pistole.
Nonostante ciò il terzetto venne messo a Como in libertà nel 1973. La Mardou Kiess (oppure anche Gudrun Mardou Khiess) – girò alcuni film come comparsa – per esempio Roma di Fellini – e anche alcune pellicole pornografiche – finì in Spagna. Gianni Nardi rampollo di una nobile famiglia industriale milanese – il padre era stato costruttore di aeroplani, fu il sospetto principale della “pista nera” nell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi. Il Nardi si uccise in circostanze mai completamente chiarite nel 1976 a Maiorca. Mentre di Luciano Bruno Stèfano non si molto, nato a Ravenna, ma allora domiciliato a Roma, anche se da tempo senza fissa dimora. Il padre era colonnello in pensione dell’Esercito Italiano.

Ma la lista dei nominativi di golpisti e neofascisti italiani presenti o presunti trattenersi in Ticino è lunga. Per esempio Elio Massagrande, esponente di Ordine Nuovo e ufficiale paracadutista. Visse in Svizzera per diverso tempo a cavallo degli anni 1974-1976, sotto falsa identità rilasciata a un certo Vitti Vittorio domiciliato nel Canton Zurigo. Fece in seguito negli anni ottanta una carriera di rilievo nel Paraguay di Alfredo Stroessner, fino a costituire delle scuole di paracadutismo e formare la guardia del corpo del dittatore.

Claudio Bizzarri era un ulteriore esponente fascista di Ordine Nuovo, condannato nel 1970 in Italia a tre anni di reclusione per costituzione di un partito fascista. Anch’egli soggiornò per più tempo in Svizzera.
Massimiliano Fachini altro esponente spicco di Ordine Nuovo. Terrorista italiano venne indagato per la strage di Piazza Fontana e di Bologna, venendo poi assolto. Il Fachini, risiedente a Brescia, venne fermato nel 1976 al valico di Brogeda, dopo che aveva cercato di trafugare in Svizzera delle opera d’arte destinate al fascista bresciano Marcello Mainardi, classe 1928 ex combattente della RSI. Marcello Mainardi – ex esponente fascista e fondatore a Brescia del Comitato di Riscossa Nazionale – risiedeva a Bellinzona in Via Canonico Ghiringhelli, si trasferì più tardi verso il 1978 a Roveredo (Grigioni), insegnava in un collegio privato.
Nell’ottobre 1974 venne anche registrata la presenza, o più esattamente la fuga in Svizzera di un certo Eliodoro Pomar, dirigente dell’Euratom e domiciliato a Varese. Veniva considerato come fascista, implicato in un tentativo di Golpe fascista dell’ottobre 1974. Le accuse contro Pomar erano pesanti, cioè quelle di preparare un attacco radioattivo ad un acquedotto a Roma, il quale avrebbe servito da copertura per l’intervento di una parte dell’esercito italiano ed iniziare il Golpe. Nel periodo dal tra il giugno 1973 e l’ottobre del 1974 il Pomar aveva risieduto a più riprese a Ronco s/Ascona.
Il grande problema per il Ticino e le sue autorità fu comunque la prossimità con l’Italia. Il fatto che nonostante vi fosse una frontiera, non contribuì ad arginare tale presenza neo-fascista. In ogni caso il Ticino fu da sempre utilizzato da più parti come base operativa per attività belliche nella vicina penisola.