Il titolo di questo breve contributo per i meno addetti alla storia moderna Italiana fa poco senso. Riporcorriamo dopo aver già scritto di Amedeo Belloni, un’altra figura Fascista della regione Ossola-Lago Maggiore. È un breve contributo che ci riporta indietro di quasi 100 anni alla genesi del Fascismo locale.
Nino Fabbianini – insieme ad Amedeo Belloni – è per la regione del Lago Maggiore una delle figure più importanti dell’inizio del Fascismo, ma quanto importante sia, rimangono dopo 100 anni poche informazioni sulla sua vita.
Di Fabbianini sappiamo appunto molto poco – praticamente niente sulla sua infanzia, probabilmente originario di Intra, anche se a partire dagli anni trenta lo si trova domiciliato ad Arona.
Il momento di gloria nel Fascismo italiano, Fabbianini lo ebbe partecipando il 23 marzo 1919 in piazza San Sepolcro a Milano – da qui il nome di Sansepolcrista – all’adunata costitutiva dei Fasci italiani di combattimento.
Uomo di fiducia di Benito Mussolini per la provincia di Novara, viene spedito dal futuro Duce in quella che era considerata una “provincia rossa” all’inizio del 1919. La missione – quasi impossibile – era quella di creare la prima sede dei Fasci di Combattimento di Novara.
Fabbianini che di mestiere sembra fosse veramente un semplice burattinaio, incontrò diversi problemi. Violenze fisiche, agguati e incomprensioni politiche. Invano furono le sue suppliche a Benito Mussolini di essere assegnato altrove, per esempio nella più tranquilla e fascista città di Milano. Anzi a partire dal 22 maggio 1919 gli venne affiancato Michele Piana – primo segretario dei Fasci di combattimento novarese.
Durante tutto il corso del 1920 vi è un intenso scambio di lettere con Mussolini. Il tono delle missive spedite da Mussolini sono molto amichevoli: Caro Fabbianini oppure Caro Compagno. Sicuramente una dimostrazione di come il Fabbianini fosse comunque vicino a Mussolini.
I due riuscirono con molta fatica a riunire un primo gruppo di 70 fascisti. Quasi tutti appartenenti al ceto medio della provincia, fra loro vi erano il già citato Amedeo Belloni e anche l’hardliner Fascista Giuseppe Dongo. Fabbianini ebbe non pochi problemi con il suo operato, tanto come se non bastasse, ebbe anche opposizione da parte degli ultra-nazionalisti come Ezio Maria Gray, durante il periodo 1943-1945 poi fervente fascista. Gray nel dopoguerra fu con Giorgio Almirante fondatore del Movimento Sociale Italiano. Rimasto incolume nonostante il suo Fascismo d’oltranza, Gray lascio per molto tempo Novara, preferendo la più sicura Roma.
Fabbianini era camerata del fascista Luigi Coppa (Laveno 1898-Novara 1922) e fu ucciso da esponenti comunisti a Novara nel luglio 1922, vedasi per questo periodo importante della violenza fascista-comunista un nostro recente contributo. Fu cosi che per diversi anni, puntualmente quando il Fascismo della regione ricordava i suoi “martiri”, Fabbianini venne invitato a tenere discorsi. Lo fece perlomeno fino al 1932, sia a Laveno con Amedeo Belloni, oppure a Varese.
A partire dal 1932 si perdono però le traccie del Fabbianini. Non compare più nei giornali fascisti, e praticamente scompare probabilmente dalla circolazione. Unico dettaglio che ci porta fino al 1937 è un’opera in due atti, intitolata “Spolverare il manganello” accettata dal ministero della cultura fascista, e la quale sembra essere scritta proprio da Fabbianini. È probabile che Fabbianini sia anche presente durante la Repubblica Sociale Italiana, anche se non vi sono fonti certe.
Fonti: la maggior parte delle informazioni su Fabbianini sono tratte dal lavoro “Novara in orbace” di Italo Allegra e Saverio Sardone.