Insubrica Historica ha un interesse particolare nel ricercare e visitare i castelli della regione Locarnese. Dopo aver scritto del Castello Orelli, Castello Carcani, Castello Griglioni e Castello San Michele, oggi vi proponiamo un contributo riguardante San Materno, l’ultimo castello di Ascona.
Prima di avventurarci nella (breve) storia di questo castello, conviene fare un riepilogo storico di questo affascinante borgo e della regione circostante.
Dopo la caduta dell’impero romano, il territorio dell’alto Lago Maggiore diventa parte di un «distretto» Longobardo, sotto comando militare, che permette di assicurare i confini verso le Alpi e proteggere la regione dalle invasioni da Nord. Quella Longobarda fu però un’amministrazione approssimativa, molto feudale e poco democratica, focalizzata piuttosto a sottomettere la popolazione locale.
In età carolingia (700 – 900 d.C.), tutta la regione del Locarnese – dopo essere stata conquista dal Re Franco Carlo Magno nel 774 – risulta amministrata dal «contado» di Stazzona (o Angera), tanto che vi era una precisa gerarchia amministrativa dipendente dallo «judex» di Stazzona.
Ad Ascona vi era uno sculdascio, si presume installato nella rocca di San Michele. Lo sculdascio era un magistrato (Iudex aut sculdahis è una formula molto frequente) che si occupava di cause civili, soprattutto relative alla stipula e ai contenziosi sui debiti. Il termine deriva dall’antico germanico Skuld (“debito”) e heyssen (“imporre”).
A Locarno vi era invece un gastaldo, un funzionario della corte regia. Il gastaldo (o anche castaldo) era delegato a operare in ambito civile, militare e giudiziario. Generalmente venivano eletti gastaldi sia gli amministratori regi o ducali sia personalità che esercitavano la sovranità sul territorio del Gastaldato.
A partire dal Mille circa, in sostituzione degli «amministratori statali» carolingi, avrà il sopravvento una gestione feudale: saranno membri di antiche famiglie locali, come i Duno (o Duni), discendenti per lo più attraverso i Muralti dal ceppo longobardo dei Da Besozzo, a “godere diritti feudali di emanazione imperiale” su terreni e castelli della regione locarnese. Ma in parallelo si rafforzava in tutta la regione il potere delle popolazioni locali, con la costituzione di patriziati e comunità borghesi per la cura dei «beni comuni».
In questo contesto socio-politico locale appare il Castello di San Materno. Poche e scarne sono le notizie su questo castello, forse alto medievale, sorto sulle mura di una torre romana o attorno ad esse.
Posto su una collina che domina la regione nord-orientale di Ascona, praticamente ai piedi del Monte Verità, il castello San Materno sorge su un’area già luogo di una necropoli di epoca preistorica (Era del Bronzo e Ferro) e sicuramente anche romana.
Le origini non sono chiare, ma tutto lascia pensare che venne costruito nel periodo Longobardo, probabilmente sfruttando una torre di osservazione di epoca romana ma anche un chiesa romanica dedicata a San Materno, da qui appunto il nome del Castello.
Solo un’indagine archeologica approfondita potrebbe permettere di raccogliere più informazioni. Sul Castello San Materno vi sono poche informazioni per quanto riguarda il periodo medievale. Viene citato solo in un documento del 1263 in cui si legge che le famiglie Castelletto e Orelli sono co-proprietarie del castello.
Il nome dei Castelletto appare più frequentemente in epoca moderna: alla fine del XVI secolo, nel resoconto della visita pastorale del vescovo Feliciano Niguarda, anche chiamato Ninguarda, (Morbegno 1588 – Como 1595) si parla di «una chiesa chiamata S.to Materno di Castelletto» e nel 1619 Francesco Ballarini scrive che il castello «era già posseduto dalla nobile famiglia detta de Castelletto».
Poco o nulla però sappiamo di questa famiglia Castelletto. Molto probabilmente una delle “nobili” famiglie locali che gravitavano nell’orbita delle famiglie nobili di Capitanei, discendente dei Da Besozzo di Seprio: Carcani, Duni, Orelli etc.
A queste “nobili” famiglie l’arcivescovo milanese Landolfo Da Carcano aveva infeudato la pieve di Locarno poco prima che nel 1002-1004 l’imperatore Enrico II ne decidesse il passaggio di giurisdizione alla diocesi comasca, del cui vescovo i Capitanei di Locarno divennero valvassori. Sebbene l’amministrazione dei beni ecclesiastici della pieve non implicasse l’esercizio di un potere sovrano – in realtà non è chiaro che diritti esercitassero – complice anche la protezione dell’impero, i Capitanei possedevano un peso rilevante nella vita della regione.
Dopo la conquista dei Confederati nel periodo a cavallo del 1500, il castello, a differenza di tanti altri della regione insubrica (vedi i nostri contributi su Cannobio, Tenero e Magadino) non viene raso al suolo ma abbandonato. All’inizio del Seicento, secondo quanto riporta il Ballarini, «La chiesa è ancor’in piedi, e è officiata: il simil’è di gran parte delle mura, se ben il rimanente sia stato spianato per causa di fattione». È solo nella seconda metà dell’Ottocento che fu ristrutturato e ricostruito almeno in parte. Nel corso degli ultimi secoli diversi stili e modifiche si sono susseguite. Una parte del castello risalente al XIX secolo è appunto in stile Gotico. All’interno vi è un interessante cappella in stile Romanico che ospita un affresco dell’XI-XII secolo che raffigura Cristo con i suoi evangelisti – un esempio molto raro per tutta la regione insubrica.
A partire dal 1920, il castello, acquistato dal russo Paul Bachrach (1870-1949), diventò l’abitazione di sua figlia, la nota ballerina Charlotte Bara (1901-1986) fino alla sua morte. Prima della Seconda Guerra Mondiale, una parte venne rimodernata dal famoso architetto Paul Rudolf Henning. Dopodiché il castello venne acquistato dal Comune di Ascona.
Fonti:
Elfi Rüsch, Ascona : una nota introduttiva, Zeitschrift: Zeitschrift für schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte, Band 68, Anno 2011