Un particolare aspetto delle vicende partigiane in Ossola è l’intreccio di figure che scriveranno poi la storia economica del dopoguerra in Italia. Questo breve contributo ripercorre le vicende legate agli imprenditori Enrico Mattei, Eugenio Cefis e Vittorio Palombo. Una storia, lungi dall’essere completa, ma comunque già molto affascinante.

Enrico Mattei nasce ad Acqualagna (Pesaro – Urbino) il 29 aprile 1906. Inizia la sua carriera di piccolo industriale privato, dapprima a Matelica (Macerata), in una conceria, poi a Milano, dove si trasferisce dal 1928. Nel capoluogo lombardo è soprattutto attivo nel mercato delle vernici, attività condotta anche con un discreto successo.

A Milano Mattei entra in contatto grazie a Marcello Boldrini, professore di Statistica all’Università Cattolica, anche lui di Matelica, con gli ambienti cattolici del Partito Popolare di don Luigi Sturzo. Un partito protagonista della scena politica italiana nei primi 25 anni del Novecento. L’amicizia con Boldrini durò tutta una vita ed ebbe un significato importante per il suo lancio nella politica e nell’industria italiana e in quella internazionale.

Enrico Mattei con la moglia Margherita “Greta” Paulas in una foto presa prima del 1939.

Agli inizi degli anni trenta conosce la ballerina austriaca Margherita “Greta” Paulas, originaria di Vienna. Abilissima ballerina che aveva riscontrato un certo successo, e che apparteneva alla compagnia austriaca Schwartz. La loro storia d’amore sfociò nel matrimonio celebrato a Vienna il 29 marzo 1936. Dopo il matrimonio la coppia si stabilì a Milano. Rimasero insieme durante tutte le vicissitudini personali, politiche e lavorative di Mattei. La Paulas rimasta poi vedova di Mattei, si sposerà più tardi con il Generale dell’aeronautica italiana, Giuseppe Casero. Interessante particolare il Casero militava nella RSI, con il grado di colonnello ed ebbe un ruolo di primo piano nel tentativo di Golpe di Junio Valerio Borghese del 1970.

Fu proprio grazie al già citato Boldrini, che Mattei nei primi anni Quaranta uscì dall’anonimato politico, assumendo un ruolo di primo piano nel contesto politico. Enrico Mattei, nell’agosto 1943 si recò a Roma per incontrare Giuseppe Spataro, già numero due di don Sturzo nel Partito Popolare Italiano. Un appuntamento che gli era stato procurato appunto da Boldrini. Spataro, che lavorava al fianco di Alcide De Gasperi e di Guido Gonella, insieme a Ivanhoe Bonomi e ad altri personaggi dell’Italia prefascista, nei 45 giorni del primo Governo Badoglio stava gettando le basi del futuro panorama politico italiano che sarebbe sorto subito dopo la guerra. Fu grazie a questi contatti che Mattei, che allora aveva 37 anni, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 venne designato rappresentante dei partigiani cattolici – chiamati anche “partigiani Guelfi” nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI).

Stele raffigurante il confine della Zona Libera Ossola. Fonte: Wikipedia

Ben presto Enrico Mattei si fece notare per le sue spiccate qualità di amministratore. Gli venne quindi affidato l’incarico della gestione delle finanze del CLNAI. In tale veste iniziò il giro di tutte le formazioni partigiane dell’Italia Settentrionale. Un’operazione non facile e molto rischiosa dato che questa parte della penisola era occupata dai tedeschi e vedeva anche l’amministrazione della neo-fascista Repubblica Sociale Italiana. Mattei seppe comunque non destare sospetti mentre sul campo si rendeva conto delle diverse situazioni e necessità delle varie formazioni partigiane. Non è chiaro in quale occasione Mattei incontra Eugenio Cefis (1921 – 2004) , giovane ufficiale in Servizio Permanente Effettivo, altrettanto intraprendente e comandante partigiano nelle file della formazione “Di Dio”.

Eugenio Cefis comandante partigiano in Ossola. Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola.

Il rapporto con Eugenio Cefis e il suo raggruppamento partigiano non fu facile. L’unità di Cefis era riuscita a restare autonoma finanziariamente dal potere centrale del CLNAI. L’entrata principale del gruppo di Cefis era il passaggio di soldati Alleati ex-prigionieri in Italia per la Svizzera. Un traffico umano altamente lucroso, che permetteva alla formazioni di avere non solo una retribuzione diretta dai consolati americani e inglesi nel Canton Ticino, bensì di disporre di pregevoli contatti con il servizio segreto americano, il OSS. In particolare Cefis aveva eccellenti rapporti il capitano Emilio Daddario, principale esponente dell’OSS (Organization Secret Service USA), l’odierno predecessore della CIA, nell’Italia settentrionale, in particolare attivo tra Como-Varese e Novara. Daddario lavorava strettamente anche con Allen Dulles.

Capitano OSS Emilio Daddario. Fonte: Wikipedia

Cefis che parlava a differenza di Mattei l’inglese, aveva dei buonissimi contatti con gli alleati, i quali operavano per lo più dal Cantone Ticino oppure Campione d’Italia. Il legame di Cefis permetteva alla sua formazione di ricevere copiosi lanci di rifornimento, per lo più in Valle Cannobina oppure in Val Grande. I lanci venivano effettuati da piloti polacchi con velivoli Alleati, in particolare ex-bombardieri inglesi Halifax, trasformati per quella occasione in aeroplani di trasporto.

Molto più facile fu il rapporto di Enrico Maffei con Vittorio Palombo. Vittorio Palombo era nato a Manoppello (Pescara) il 16 marzo 1905. Diplomatosi all’Istituto Tecnico di Chieti. Intraprese in seguito la carriera militare. Fu allievo della Regia Accademia militare. Studiò alla Scuola di guerra di Torino e nel 1928 era tenente, per poi diventare nel 1934 capitano.

Palombo partecipò come volontario alla Guerra di Spagna nel 1937 dove combatté a sostegno dei “nazionalisti” del generale Franco. Durante questo periodo ebbe ruoli di comando nel Ctv (Comando truppe volontarie). Partecipò con le “Frecce Azzurre” alla “Battaglia dell’Ebro”. Nel 1941, diventato nel frattempo maggiore, fece parte del ARMIR – l’armata italiana nella campagna di Russia.

Francisco Franco con Benito Mussolini, foto scattata nel 1941. Fonte: Wikipedia

Palombo fino allora convinto ufficiale monarchico venne colto di sorpresa dall’armistizo del 8 settembre 1943. Restò per un certo tempo clandestino a Roma, per poi decidere di passare al Sud. Nel giugno del 1944 – sembra per un motivo fortuito dato che non vi erano abbastanza ufficiali – viene paracadutato al Nord, in Val d’Ossola. Qui assunse con il nome di battaglia “Colonello Pieri” il comando della missione italiana denominata “Oro” (dal 15 giugno 1944 al 30 aprile 1945).

Per tutta la primavera del 1944, i preparativi per la missione si svolsero nei pressi di Brindisi. La missione “Oro” decollò da Brindisi a bordo di un bombardiere pesante Halifax quadrimotore pilotato da un equipaggio polacco del 1586 Polish Special Duties Flight Squadron. Lo squadrone stesso aveva pochi mezzi, operava solo due ex-bombardieri B-25 Liberator e quattro Halifax. Gli inglesi decisero di paracadutare per questa occasione due missioni differenti “Tar” e “Oro”. L’equipaggio polacco partì da Brindisi la notte del 16 giugno 1944, facendo rotta verso nord. Sorvolò tutto il mare Adriatico fino all’Istria, e poi verso ovest lungo la catena alpina fino alla Val Grande, costeggiando la frontiera con la Svizzera.

Immagine dell’impervia regione della Val Grande, a nord di Intra-Verbania.

Il lancio delle due missioni fu stato estremamente sfortunato, poiché avvenne proprio nel bel mezzo del rastrellamento della Val Grande. Quasi tutta l’attrezzatura del paracadute andò persa e il Capitano Berto si fratturò una gamba durante l’atterraggio. Vittorio Palombo atterrò invece sul versante occidentale del Monte Zeda (2.156 metri). Un rastrellamento tedesco che porterà all’uccisione di 200 partigiani, e alla deportazioni di altrettanti nei campi di lavoro del Reich. Dopo alcuni giorni di clandestinità nella Val Grande, i membri delle due missioni riuscirono a contattare il maggiore Superti e a iniziare il loro lavoro di spionaggio, raggiungendo nel frattempo Milano e lo Stato Maggiore del generale Raffaele Cadorna. Vittorio Palombo diventato nel frattempo Capo di Stato maggiore di Cadorna, l’8 febbraio del 1945 venne catturato e rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano. Ritroviamo Palombo il 5 maggio del 1945 quando il comando generale del Corpo volontari della libertà al completo, sfilò per le vie di Milano. Nella oramai storica foto dell’evento appare in seconda fila, secondo da destra, appena dietro a Enrico Mattei.

Sfilata a Milano del 6.5.1945 del comando generale del Corpo Volontari della Libertà. Nella prima fila: terzo da sinistra è Ferruccio Parri. A destra di Parri, il generale Raffaele Cadorna. Enrico Mattei è il secondo da destra. Vittorio Palombo è nella seconda fila, secondo da destra, proprio dietro a Enrico Mattei. Fonte: WikipediaFonte: Insubrica Historica

La storia di queste tre personalità: Mattei, Cefis e Palombo avrà un seguito nell’immediato dopoguerra. Prossimamente vi spiegheremo in dettaglio cosa succede a questi tre personaggi durante gli anni 1950-1960. Una storia particolare e complicata, soprattutto se si analizza le figure di Enrico Mattei e Eugenio Cefis. Ma anche Palombo avrà una certa importanza. Enrico Mattei lo nominò capo del personale dell’Agip. In seguito, dopo l’uccisione di Mattei in un attentato, divenne il capo dell’Agip mineraria e responsabile dell’ufficio compliance del gruppo Eni, la quale direzione era nel frattempo stata assunta da Eugenio Cefis.