L’Ultima Cena oppure Cenacolo Vinciano è un affresco murale dipinto da Leonardo da Vinci (avevamo scritto di lui in precedenza), realizzato tra il 1495 e il 1498. L’opera si trova a Milano, presso la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Rappresenta l’ultima cena di Gesù Cristo e dei suoi dodici apostoli, secondo il Vangelo di Giovanni. Una bellissima opera che Insubrica Historica ha avuto la possibilità di ammirare alla fine del dicembre 2022. Un lavoro che ha anche un nesso diretto con la nota famiglia degli architetti Solari di Carona presso Lugano, più conosciuti per aver costruito – con Pietro Solari – durante il regno di Ivan il Terribile il Cremlino di Mosca.

Il grande murale di Leornardo si trova presso il monastero domenicano e chiesa di Santa Maria delle Grazie. L’Ultima Cena fu dipinta per abbellire il refettorio della Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Si ritiene che Leonardo abbia cercato di utilizzare una prima applicazione della tecnica dell’ombra-luce, più conosciuta nel seguente periodo barocco. Questa tecnica pittorica, nota anche come chiaroscuro, si basa sul netto contrasto tra colori scuri e toni vivaci per creare un’immagine viva per l’osservatore.

Chiesa Santa Marie della Grazie. Fonte: Insubrica Historica

Il significato dell’Ultima Cena, che costituisce la base del rito dell’Eucaristia nel Cristianesimo, è conosciuto anche con altri nomi biblici, “Santa Cena” o “Cena del Signore”. La tavola era il luogo in cui Gesù condivideva le visioni con i suoi apostoli dopo essere entrato a Gerusalemme su un asino. Sebbene questo evento, che è anche alla base del Giorno del Ringraziamento, non sia menzionato nel Nuovo Testamento, ha trovato spazio nelle religioni cattoliche, protestanti e ortodosse. I vangeli canonici scrivono che il pasto e la crocifissione avvennero dopo “l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme”. Tre Vangeli sinottici, tra cui il Vangelo di Matteo e il Vangelo di Luca, e la Scrittura dell’Ultima Cena riportano l’argomento come pasto pasquale, ricordando la Festa dei Pani Azzimi, una tradizione molto comune tra gli israeliti e la loro salvezza dall’Egitto. È la tavola in cui Gesù separò il pane con la mano e lo condivise con i suoi discepoli, dicendo che il pane era il suo corpo e il vino il suo sangue. La parete opposta del refettorio è coperta da un affresco della Crocifissione di Giovanni Donato da Montorfano.

L’affresco dell’Ultima Cena viene commissionato da Ludovico Maria Sforza, duca di Milano, nell’ambito dei lavori di costruzione e restauro della chiesa e di altre strutture correlate. La chiesta era stata concepita come mausoleo della famiglia Sforza, e venne realizzata da Guiniforte Solari originalmente di Carona e Donato Bramante, conosciuto per essere il progettista della Basilica di San Pietro a Roma. Tipico del Solari sono le finestre a forma di occhi.

Ludovico Maria Sforza detto il Moro (Vigevano, 27 luglio 1452 – Loches nella Loira, 27 maggio 1508). Dotato di raro intelletto e ambiziosissimo, riuscì, benché quartogenito, ad acquistarsi il dominio su Milano. Principe illuminato, generoso e pacifico, si fece patrono di artisti e letterati: durante il suo governo Milano conobbe il pieno Rinascimento e la sua corte divenne una delle più splendide d’Europa.

Ludovico Sforza fu il mecenate dei pittori rinascimentali italiani, tra cui Leonardo da Vinci, durante il Rinascimento milanese. Leonardo ringrazia Ludovico il Moro, apportando al murale gli stemmi araldici della famiglia degli Sforza. In questo frangente conviene anche accennare al ruolo Confederato. Siamo pienamente nel periodo di massima espansione delle truppe confederate verso Sud, quello che viene anche chiamato “Drang nach Süden”. Gli Svizzeri hanno soprattutto un ruolo come truppa mercenaria, sia con Ludovico il Moro, ma anche contro di lui con i francesi di Luigi XII.

Raffigurazione di mercenari svizzeri con le tipiche alabarde, attorno al 1515 nel’ambito della battaglia di Marignano.

Si presume che l’affresco sia stato completato tra il 1495 e il 1498, nonostante i documenti relativi alla costruzione della chiesa siano andati distrutti nel corso degli anni. Tuttavia, si sa che un abate si lamentò con Leonardo per il ritardo e dalla risposta dato a questo, il lavoro stava per terminare nel 1497.

Per motivi quali la complessità delle superfici e dei metodi utilizzati per la realizzazione dell’affresco, il danneggiamento intenzionale dell’opera nella cronologia storica e le cattive condizioni ambientali, il dipinto leonardesco più famoso è stato restaurato più volte.

Solo un anno dopo il completamento del dipinto, nel 1499, il re di Francia e Napoli Luigi XII pensò di rimuovere il dipinto dalla parete e trasferirlo in Francia. Tuttavia, questa azione non fu attuata per il sospetto di danneggiare ulteriormente l’opera d’arte in uno stato già logoro. È noto che, con l’invasione dell’Italia da parte dell’esercito francese sotto il comando di Napoleone Bonaparte nel 1796, i soldati francesi utilizzarono il monastero di Santa Maria delle Grazie come avamposto per rifornirsi di scorte e munizioni, ed è probabile che il refettorio dove appunto si trova il dipinto, venne invece utilizzato come stalla o addirittura da prigione.

Nel 1821, il milanese Stefano Barezzi, esperto nella rimozione di affreschi senza danni, fu incaricato di rimuovere il famoso dipinto dalla parete e ricamarlo su una tela. Alcuni danni furono arrecati alla parte centrale del dipinto quando Barezzi si rese conto che l’opera non poteva essere definita un affresco nel senso pieno del termine. Sebbene i pezzi rimossi siano stati incisi al loro posto con la colla classica, anche questo tentativo di restauro non riuscito, danneggiò in qualche modo il dipinto. Nel periodo tra il 1901 e il 1908, il pittore e restauratore bergamasco Luigi Cavenaghi fu la persona che realizzò il primo restauro di successo del famoso dipinto. Nel 1924, anche Oreste Silvestri eseguì un’accurata pulizia e fissò alcune parti con del gesso.

Il Cenacolo all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Da notare come la volta della sala che contiene il dipinto sia differente da quella attuale. Fonte Foto: Joseph Kellard – National Geographic

Nel lasso di tempo che intercorre dalla rimozione del Duce Benito Mussolini come capo di Governo (25 luglio 1943) e l’armistizio del 8 settembre 1943, il refettorio del monastero venne pesantamente bombardato il 15 agosto 1943 da bombardieri alleati. Solo grazie ai sacchi di sabbia allineati davanti al famoso affresco per proteggerlo, si riuscì ad evitare che fosse direttamente danneggiato dai frammenti degli ordigni. Il bombardamento fu pesante, ciò spiega anche perchè una parte del refettorio non ha dipinti, dato che le mura sono state ricostruite dopo il grave bombardamento.

Risultato del pesante bombardamento alleato su Milano del 15 agosto 1943. Nella stessa notte viene bombardato anche il Palazzo Reale adiacente al Duomo.

Nel 1954, un team di restauro composto dall’artista Mauro Pellicioli e dall’ispettrice di Brera la milanese Fernanda Wittgens riparò l’opera. L’idea geniale di Pellicioli fu quella di far aderire nuovamente la pittura al muro con l’aiuto di gommalacca trasparente. Questo materiale ha fatto sì che il dipinto originale avesse colori più vividi e saturi. Nel frattempo il refettorio del monastero è stato trasformato in un ambiente riparato e climatizzato.

L’Ultima Cena che si può oggi ammirare, si allontana però dalla versione originale, e solo una minima parte rimane originale. Troppi sono stati gli interventi e i danni causati e subiti da questo murale. È certo per esempio che l’attuale posizione della mano di Gesù, è raffigurata differentemente dalla posizione originale.  Anche la posizione dei singoli Apostoli appare essere differente dal lavoro originale.

Chi sono i principali protagonisti dell’Ultima Cena

(1) Guardando da sinistra a destra, Bartolomeo, Giacomo Minore, figlio di Alfeo, e Andrea sono raffigurati come un gruppo di tre Apostoli, tutti in preda a un terribile shock.

(2) Pietro l’Apostolo, Giuda Iscariota e Giovanni l’Apostolo sono seduti separatamente dagli altri in un altro gruppo di tre. Giovanni, il più giovane e il più amato dei 12 apostoli fù anche l’Apostolo che visse più a lungo, è raffigurato piuttosto rattristato per lo shock della notizia del tradimento. Sebbene il volto di Giovanni, disegnato con dettagli più luminosi e infantili rispetto agli altri apostoli, abbia indotto alcuni commentatori a confonderlo con la Vergine Maria, tuttavia è ormai certo che si tratti di Giovanni,Il volto di Giovanni, viene disegnato con dettagli più luminosi e infantili rispetto agli altri apostoli. Pietro, o Petrus come veniva chiamato nel testo originale, è raffigurato con un coltello in mano. Questo è il riferimento di Leonardo all’aggressione perpetrata da Pietro quando Gesù fu arrestato dai Romani nel Getsemani. Come menzionato nel Vangelo di Matteo, “Vivere di spada, morire di spada”, una delle parole più famose di Gesù, fu pronunciata in quel momento. Pietro mette la mano sulla spalla dell’amato discepolo Giovanni e si china verso di lui, indicando Gesù e chiedendogli chi lo tradirà tra loro. La saliera che Giuda rovescia è un riferimento all’espressione del tradimento del sale nella cultura del Vicino Oriente, in altre parole, il compagno che si ribella al suo padrone. Le vesti di Giuda, che contengono colori verdi, rossi e blu, rivelano un conflitto con il suo volto che, a differenza degli altri apostoli, è in ombra e la sua testa è raffigurata più in basso rispetto agli altri. In altre raffigurazioni dell’Ultima Cena, Giuda è spesso illustrato come l’unico apostolo senza l’aureopla. Il carattere di Giuda è molto evidente con la borsa di denaro che tiene in mano, così come lo stupore e la rabbia per l’emergere del suo piano infido. Questa borsa potrebbe essere il borsellino che ricevette come ricompensa quando vendette Gesù al governatore romano Ponzio Pilato in cambio di argento, oppure potrebbe essere un riferimento al fatto che Giuda è un cacciatore di tesori.

(3) L’esposizione del palmo della mano del pane che Cristo offrì a Giuda fu deliberatamente pensata per esprimere che egli intravedeva la sua crocifissione. Piccoli giochi di luci e ombre sul paesaggio dipinto da Leonardo e la magistrale prospettiva dell’artista attirano tutta l’attenzione sul volto di Gesù. Quando guardiamo il volto di Cristo, vediamo che è concentrato sul pane che indica con la mano sinistra, con il capo chino e accettando il suo destino.  Mentre la figura di Gesù offre un pezzo di pane a Tommaso e Giacomo il Maggiore con la mano sinistra, Giuda tende la mano verso un altro pezzo di pane, non quello indicato da Gesù con il palmo della mano destra, a causa del sentimento di orrore causato dalla prefigurazione del suo tradimento. Mentre la mano sinistra di Gesù sta servendo un pasto, la sua mano destra è raffigurata come se volesse tenere quel pasto.

(4) Tommaso, Giacomo il Maggiore e Filippo formano la terza trilogia, che si muove da sinistra a destra nel famoso affresco. Mentre Giacomo il Maggiore alza le mani e sembra piuttosto turbato, Filippo sembra insoddisfatto di ciò che è stato detto e sembra aspettarsi una continuazione della spiegazione di Gesù. Tra gli apostoli, a parte Giuda, si può dire che il primo personaggio ad affrontare la situazione con maturità e a pensare al futuro è Tommaso. L’indice alzato di Tommaso indica anche la sua incrollabile fiducia nella risurrezione di Gesù Cristo, così come Leonardo lo raffigura come uno studente che vuole porre una domanda al suo maestro.

(5) Matteo, Taddeo e Simone lo Zelota sono la trilogia finale del dipinto. Qui si vedono Matteo e Taddeo che guardano Simone come se lo stessero interrogando. Il personaggio, conosciuto anche con altri nomi, Simone il Cananeo e Simone il Cananeo, era l’apostolo più nascosto di Gesù. Leonardo da Vinci posizionò tutti gli apostoli in orizzontale su un tavolo, proprio come in altre raffigurazioni della cena. In questo modo, chiunque guardasse il quadro sarebbe stato in grado di vedere chiaramente tutti gli apostoli e le loro reazioni. In alcune opere precedenti, Giuda veniva raffigurato separatamente dagli altri 11 apostoli e con le spalle rivolte all’osservatore, oltre a porre un’aureola sulle teste di tutti gli apostoli tranne Giuda, per simboleggiare il suo tradimento.

Osservazioni:

  • La tecnica utilizzata da Leonardo è stata quella di spingere il personaggio di Giuda nell’oscurità con un approccio più barocco, facendo uso di giochi di luci e ombre.
  • Il dipinto originale dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci non include una figura definita come Luca tra i 12 apostoli scelti da Gesù, ma Luca doveva essere uno dei 70 discepoli che seguirono Gesù Cristo. L’evangelista Luca non è solo l’autore di uno dei quattro vangeli canonici, ma anche il creatore di più di un quarto delle scritture del Nuovo Testamento secondo il sacerdote cristiano San Girolamo di Stridone e lo storico greco Eusebio di Cesarea.
  • Manca nella versione attuale la parte del tavolo che illustra le gambe di Cristo, dato che al suo posto venne aperta nel 1652 un porta per collegare il refettorio con l’adiacente cucina. La porta venne in seguito chiusa con mattoni. Il tavolo ha 8 gambe.
  • Le finestre dietro Gesù Cristo e gli apostoli aggiungono un senso di serenità al dipinto, mentre guardando verso l’esterno si vedono una montagna e un cielo azzurro. Questa potrebbe essere una rappresentazione del cielo dagli occhi di Leonardo da Vinci. Il grande interesse di Leonardo per la simmetria e la matematica è l’evidenza dei dettagli nascosti nel dipinto dell’Ultima Cena. Leonardo disegnò una corda in direzione radiale, segnando le estremità del tavolo, le linee del pavimento e i bordi ortogonali delle sei colonne del soffitto. Tracciò linee diagonali dai bordi destro e sinistro della linea orizzontale fino agli angoli del soffitto e determinò i punti per le linee orizzontali delle dodici file di urne. L’ossessione per la simmetria fece sì che lo sfondo dell’Ultima Cena da Vinci fosse dipinto come un insieme di linee senza soluzione di continuità. Gli storici dell’arte sono concordi nel ritenere che Leonardo da Vinci fosse agnostico o ateo. Questo coincide con il fatto che scelse dei modelli tra la gente comune per i volti delle persone nel dipinto dell’Ultima Cena.

Per i nostri lettori del Ticino non è necessario recarsi a Milano per ammirare questo capolavoro. Presso la Chiesa di Sant’Ambrogio a Ponte Capriasca si può ammirare un affresco dell’Ultima Cena del 1550 (restaurato nel 1951 e 1989-1992) riproducente l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Particolarità di questo affresco, probabilmente eseguito da Cesare da Sesto, è quella di riportare i nomi degli apostoli. La chiesa Parrocchiale di Sant’Ambrogio, si trova ad ovest del villaggio, originariamente del tredicesimo secolo, con aggiunte del diciassettesimo secolo e sistemazioni del diciottesimo, diciannovesimo secolo.

Altro Cenacolo, forse il migliore in Ticino, è quello di Bernardino Luini nella Chiesa S. Maria degli Angeli a Lugano, anch’esso ispirato al capolavoro leonardesco. A Novazzano presso l’oratorio dell’Annunziata, vi è un’interessante raffigurazioni dell’Ultima cena, attribuita a G. B. Tarilli, e ad Arosio, un opera assai più semplice, attribuita ad Antonio da Tradate.

Nel sopraceneri, nella collegiata di Bellinzona si trova invece una tela di Camillo Procaccini (1551-1629), animata e così realista da mostrare persino un buco nella tovaglia. Ad Arbedo (la famosa Chiesa rossa della battaglia di Arbedo) il dipinto dell’Ultima Cena ivi custodito, viene attribuito alla famiglia dei Seregnesi, mette in evidenza un Giuda che mangia il boccone portogli da Gesù; sempre ancora dei Seregnesi il Cenacolo in san Bernardino sopra Monte Carasso. I Seregnesi erano una famiglia di frescanti originaria di Monza ma stabilitasi a Lugano, che su più generazioni attorno al 1500, si occupò di abbellire diverse chiese del sopraceneri.

Altre raffigurazioni quattrocentesche dell’Ultima Cena si trovano a Ditto (Cugnasco) presso la Chiesa di San Martino e Curogna sui monti sopra Cugnasco presso l’Oratorio dei Santi Anna e Cristofero, entrambi affreschi mostrano tavole imbandite con gamberi e ciliege, sotto gli occhi disperati di un Giuda ritratto di profilo. A Brione Verzasca si trova un’Ultima cena tra le più antiche, opera del Trecento di un maestro legato alla scuola giottesca. Infine, in valle Onsernone, a Loco presso la Chiesa parocchiale di San Remigio, si trova invece il capolavoro, probabilmente fatto dal pittore fiammingo Goetfried Maes e realizzato nel 1683.