Un’inquietante realtà emerge dalle acque apparentemente tranquille dei laghi tra Svizzera e Nord Italia. L’inchiesta “Lago Nero”, presentata nel programma “100 minuti” di La7 condotto da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini, getta luce su una rete silenziosa ma attiva di eredi del nazismo che opera tra il Lago Maggiore, il Lago di Varese e il Canton Ticino.
Particolarmente significativa nell’inchiesta è l’intervista a Raphael Rues, che ripercorre la presenza tedesca nel Canton Ticino, analizzando le dinamiche che hanno interessato sia il Lago Ceresio (Lago di Lugano) che il Lago Maggiore. Rues fornisce una prospettiva storica cruciale per comprendere come questi territori di confine siano diventati, già dagli anni Cinquanta, luoghi di rifugio e riorganizzazione per ex ufficiali nazisti in fuga. La sua testimonianza evidenzia come la neutralità svizzera e la vicinanza geografica abbiano creato le condizioni ideali per l’insediamento di una comunità tedesca che, in alcuni casi, mantiene ancora oggi legami con l’ideologia nazionalsocialista. Rues descrive una presenza che si è evoluta nel tempo, passando da rifugio post-bellico a rete organizzata che perpetua rituali e simbologie del Terzo Reich.
Il giornalista Andrea Palladino conduce gli spettatori in un viaggio agghiacciante attraverso questa rete oscura. L’inchiesta rivela l’esistenza di circoli privati dove si svolgono ancora oggi rituali delle SS, locali pubblici disponibili per commemorare il compleanno di Adolf Hitler, sedi di movimenti che espongono apertamente svastiche e simboli nazisti, e commemorazioni rituali come quella del solstizio d’inverno documentata in una cascina sul Lago di Varese la notte del 21 dicembre.
L’inchiesta traccia una linea temporale che parte dagli anni Cinquanta, quando il Nord Italia divenne rifugio per criminali di guerra nazisti. Palladino documenta come alcuni di questi fuggiaschi, incluso il responsabile del massacro delle Fosse Ardeatine, trovarono protezione e ospitalità in queste zone. La ricerca mostra come eredi e simpatizzanti abbiano mantenuto viva questa tradizione, componendo persino colonne sonore per antichi simboli dell’estrema destra e preservando una continuità ideologica attraverso le generazioni.
Particolarmente inquietante è la scoperta di come questa rete non sia rimasta confinata al passato, ma si sia evoluta e modernizzata, mantenendo contatti internazionali. L’incontro documentato tra gli eredi di Ordine Nuovo e Aleksandr Dugin, principale ideologo del nazionalismo russo, durante la commemorazione del solstizio d’inverno, dimostra come questi gruppi stiano cercando nuove alleanze e legittimazioni politiche, creando ponti tra l’estremismo di destra europeo e quello russo.
L’aspetto più allarmante dell’inchiesta è il collegamento che Palladino traccia tra questi ambienti estremisti e la politica mainstream italiana. Il reportage si conclude simbolicamente ad Atreju, la festa annuale di Fratelli d’Italia, dove secondo l’inchiesta “i fili della storia si ricongiungono” in modi che dovrebbero far riflettere sulla normalizzazione di certe ideologie e sulla permeabilità tra estremismo e politica istituzionale.
Il rettore dell’Università di Siena, Tomaso Montanari, ospite della puntata, offre una chiave di lettura più ampia del fenomeno. La sua analisi sottolinea come la sottovalutazione di questi fenomeni e la mancata elaborazione storica del fascismo italiano abbiano permesso a queste reti di sopravvivere e, in alcuni casi, prosperare nell’ombra. Montanari evidenzia la pericolosità di minimizzare questi segnali in un momento storico in cui movimenti estremisti cercano nuove forme di legittimazione.
“Lago Nero” non è solo un’inchiesta storica, ma un campanello d’allarme sul presente. La testimonianza di Raphael Rues sulla presenza tedesca nel Canton Ticino, combinata con le scoperte di Palladino, dimostra come i confini geografici e politici possano diventare zone grigie dove ideologie pericolose trovano rifugio e si riorganizzano. L’inchiesta di Formigli e Nerazzini ci ricorda che la vigilanza democratica non può permettersi pause, specialmente in un’epoca in cui movimenti estremisti cercano nuove forme di legittimazione politica attraverso canali apparentemente rispettabili.