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SRF Schweiz Aktuell: Stolpersteine al confine con l’Ossola

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Martedì 12 agosto 2025, 81 anni dopo i tragici eventi del 10 ottobre 1944, una cerimonia commemorativa ha riportato alla luce una delle pagine più drammatiche della Resistenza italiana al confine svizzero. Sul luogo esatto dove si consumò la tragedia, sono state posate le pietre d’inciampo (Stolpersteine) per ricordare i partigiani Federico Marescotti e Renzo Coen, morti sotto il fuoco incrociato, e Adriano Bianchi, gravemente ferito.

 

Il contesto storico: la caduta della Repubblica dell’Ossola

Lo storico Raphael Rues, è stato intervistato proprio sui luoghi dell’incidente, ha ricostruito con precisione gli eventi di quella drammatica giornata. “Ci troviamo esattamente dove 81 anni fa si consumò una tragedia che coinvolse non solo i partigiani in fuga, ma anche le guardie di confine svizzere”, ha spiegato Rues, indicando il punto preciso del confine presso i Bagni di Craveggia.

La Repubblica dell’Ossola aveva resistito per 40 giorni come zona libera dal nazifascismo. Il 10 ottobre 1944, però, le forze fasciste italiane, supportate da unità tedesche, lanciarono un’offensiva massiccia per riconquistare il territorio. “Decine di migliaia di civili e partigiani cercarono disperatamente rifugio in Svizzera”, continua Rues. “Circa 250 partigiani scelsero la via attraverso la Valle Vigezzo verso la Valle Onsernone, ignari del destino che li attendeva”.

La tragedia al confine: un fuoco incrociato mortale

Rues, camminando sul terreno dove avvennero gli scontri, descrive la dinamica degli eventi: “I partigiani arrivarono qui, ai Bagni di Craveggia, convinti di trovare salvezza. Ma le autorità svizzere inizialmente negarono loro l’accesso”. La situazione precipitò rapidamente quando i fascisti inseguitori raggiunsero il gruppo in fuga.

“Fu un caos totale”, racconta lo storico. “Le guardie di confine svizzere si trovarono nel mezzo di uno scontro a fuoco tra partigiani e fascisti. Alla fine, per evitare un massacro, decisero di aprire il confine, ma era troppo tardi per alcuni”. Nel fuoco incrociato persero la vita almeno due partigiani – Federico Marescotti e Renzo Coen – mentre altri undici rimasero feriti, tra cui gravemente Adriano Bianchi.

L’ospedale La Carità: un rifugio per i feriti

“I feriti furono trasportati d’urgenza all’Ospedale La Carità di Locarno”, spiega Rues, sottolineando un aspetto spesso trascurato della vicenda. “Questo ospedale divenne un simbolo di accoglienza umanitaria in un momento di estrema tensione. Il personale medico svizzero curò i partigiani feriti senza fare distinzioni, nonostante le pressioni politiche del momento”.

L’intervento dell’ospedale locarnese fu cruciale per salvare molte vite. Rues ha potuto consultare documenti d’archivio che testimoniano la dedizione del personale sanitario, che lavorò incessantemente per curare i feriti di quello scontro.

Il significato delle Stolpersteine

Alla cerimonia, oltre a Rues, erano presenti personalità di rilievo come l’ex consigliera federale Ruth Dreifuss, la consigliera di Stato ticinese Marina Carobbio Guscetti e lo storico Jakob Tanner. “Queste pietre d’inciampo”, conclude Rues, “non sono solo un memoriale per i caduti. Sono un monito permanente su cosa può accadere quando l’umanità viene meno, quando i confini diventano barriere insormontabili anche per chi fugge dalla morte”.

Le Stolpersteine posate martedì rappresentano il secondo intervento di questo tipo in Ticino, parte di un progetto europeo che conta ormai circa 100.000 pietre commemorative in 23 paesi. Un piccolo ma significativo gesto per mantenere viva la memoria di chi sacrificò la vita per la libertà, proprio su questi confini che oggi attraversiamo liberamente.

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