Abbiamo scelto per questo breve contributo di rifarci all’importante testimonianza di Don Pellanda. Parroco in Ossola, testimone basilare delle vicende Ossolane durante il periodo 1943-1945. Don Pellanda aveva scritto un’importante memoria, intitolata appunto: Ossola nella Tempesta.
L’Ospedale La Carità di Locarno emerse come un cruciale punto di riferimento umanitario durante gli anni tetri della Seconda Guerra Mondiale, in particolare nel periodo 1943-1945. La sua storia in quegli anni drammatici è intrecciata con le vicende dei profughi italiani e dei partigiani dell’Ossola, rappresentando un faro di speranza in un periodo di profonda crisi umanitaria.
Gli anni 1930 avevano visto l’ospedale raggiungere una notevole fama nazionale, grazie soprattutto all’operato del Dr. Franchino Rusca Senior. La sua esperienza come medico in Serbia durante la Prima Guerra Mondiale, dove probabilmente entrò in contatto con un altro svizzero di adozione, Archibald Reiss – pioniere della moderna scienza forense – aveva contribuito a plasmare la sua visione della medicina d’emergenza. La prematura scomparsa di Rusca a Losanna nel marzo 1941, all’età di 57 anni, segnò una svolta importante per l’istituzione.
La successione fu gestita con rapidità e competenza. Dopo un breve periodo di transizione sotto la guida dei medici R. Sciaroni e Martìnet, nell’aprile 1941 furono nominati due professionisti di alto calibro: il Dr. Federico Andina da Croglio, proveniente dalla Clinica universitaria di Basilea, e il Dr. Milo Careni, già assistente alla Clinica Universitaria di Zurigo. Questa nuova direzione si trovò presto a fronteggiare una delle più grandi sfide nella storia dell’ospedale.
L’8 settembre 1943 segnò l’inizio di un periodo critico per la regione di Locarno. L’armistizio italiano e la conseguente occupazione tedesca della penisola, insieme alla nascita della Repubblica Sociale Italiana, innescarono un massiccio flusso di profughi verso la Svizzera. Il Locarnese divenne un punto di accesso cruciale per questi disperati, con almeno 5’000 persone che cercarono rifugio attraverso i suoi confini. Per capire quanto fosse drammatica la situazione per l’Ospedale e il Locarnese, conviene riportare questo passaggio di Renata Broggini, tratto dal suo importante lavoro: Terra d’Asilo:
12 ottobre 1944 – è la cronaca di Gasparotto -. […] I feriti sono stati portati in salvo oltre il confine. Al varco di Càmedo si affolla la popola zione civile che non vuol sopportare l’oltraggio fascista, e domanda ospitalità al popolo ticinese. È uno spettacolo commovente di solidarietà fra gli italiani dell’Ossola e gli svizzeri del Ticino. Le famiglie, ricche e ere, si offrono per dare ospitalità ai bambini. Bellinzona ne domanda povere, 200. 13 ottobre 1944. Ho visitato, insieme dall’Oglio e a Lanocita, i a feriti dell’Ossola all’ospedale di Locarno. Sono 48, quasi tutti giovani dai 18 ai 20 anni; uno di 15, e vengono da ogni parte d’Italia. […] 15 ottobre 1944. […] Arriviamo a Briga dopo la mezzanotte. Dodici ore di viaggio. La stazione è ingombra della gente di Domodossola, che ha lasciato la città per non tornare sotto il dominio fascista. Arrivano, con autocarri o a piedi, nuovi fuggiaschi anche da Gondo. Oramai a Briga sono scesi 4.000 civili. […] Il morale è altissimo; l’accoglienza degli svizzeri pronta, generosa, fraterna. […] 22 ottobre 1944. Questa notte sono entrati il Comando e la Giunta di Val d’Ossola, con gli ultimi partigiani.
La situazione raggiunse il suo apice nel 1944 con gli eventi legati alla Repubblica Partigiana dell’Ossola. L’Ospedale La Carità si trovò in prima linea nell’accogliere e curare centinaia di partigiani e civili feriti che fuggivano dai combattimenti. Il Dr. Federico Andina, in particolare, si distinse per la sua eccezionale competenza chirurgica, salvando numerose vite tra partigiani e civili ossolani.
Il personale ospedaliero lavorò instancabilmente per far fronte all’emergenza sanitaria. Medici, infermieri e personale di supporto si trovarono a gestire un afflusso senza precedenti di pazienti, molti dei quali arrivavano in condizioni critiche dopo pericolosi attraversamenti del confine. L’ospedale non si limitò a fornire cure mediche, ma divenne un vero e proprio santuario per chi fuggiva dalla guerra e dalle persecuzioni.
La capacità dell’Ospedale La Carità di gestire questa crisi umanitaria testimonia non solo l’eccellenza della sua organizzazione medica, ma anche il profondo impegno umanitario del suo personale. In un periodo in cui le risorse erano limitate e le sfide quotidiane sembravano insormontabili, l’Ospedale mantenne fede alla sua missione di cura e assistenza, dimostrando una straordinaria resilienza organizzativa e umana. L’Ospedale La Carità di Locarno si distinse come una delle istituzioni più attive nel sostegno alla popolazione dell’Ossola durante la crisi, rappresentando un esempio tangibile di come le strutture sanitarie possano svolgere un ruolo cruciale non solo nella cura medica, ma anche nel preservare la dignità umana in tempi di conflitto.