Il prossimo 10 e 11 ottobre 2025, la Casa della Resistenza di Verbania Fondotoce ospiterà un convegno internazionale di straordinaria rilevanza: “Sguardi e racconti – Narrare e rappresentare la storia delle resistenze attraverso la fotografia“. L’evento, che vede la collaborazione di numerosi istituti storici e il patrocinio di importanti enti culturali, promette di gettare nuova luce su uno degli aspetti più affascinanti e complessi della memoria storica del Novecento.
Un patrimonio visivo da riscoprire
La fotografia, spesso considerata testimone silenzioso della storia, assume nel contesto della Resistenza italiana ed europea un ruolo di particolare complessità. Come emergerà dalle relazioni del convegno, il materiale fotografico relativo ai venti mesi finali del conflitto mondiale è sorprendentemente scarso, soprattutto se confrontato con la ricchezza documentaria di altri periodi storici. Questa scarsità non è casuale, ma riflette le drammatiche condizioni in cui si trovavano a operare resistenti, civili e fotografi durante l’occupazione nazifascista.

Possedere una macchina fotografica durante quei mesi ed anni rappresentava un rischio enorme. Non solo per le ovvie implicazioni di sicurezza legate alla documentazione di attività clandestine, ma anche per i controlli sempre più serrati delle autorità occupanti. Fotografare significava spesso mettere a repentaglio la propria vita e quella di chi veniva ritratto. Sviluppare e conservare il materiale era altrettanto pericoloso, richiedendo una rete di complicità e una logistica che poche organizzazioni resistenziali potevano permettersi.
L’Ossola e le sue testimonianze visuali
Questa situazione generale trova particolare risonanza nella storia della Resistenza ossolana, territorio che sarà inevitabilmente al centro delle discussioni del convegno. La Repubblica dell’Ossola, esperienza unica nel panorama della Resistenza italiana, ha lasciato tracce fotografiche relativamente limitate proprio a causa delle condizioni operative estremamente precarie in cui si trovavano i partigiani e i civili coinvolti nell’amministrazione della zona libera.

Tuttavia, esistono significative eccezioni che confermano la regola e aprono squarci illuminanti su quegli eventi. Come documentato da Raphael Rues nella sua recente pubblicazione “Confine di Sangue” pubblicata da Insubrica Historica nell’agosto 2025, gli eventi che portarono allo scontro armato del 18 ottobre 1944 all’estremo limite della Zona Libera rappresentano un caso di studio fotografico eccezionale. La Valle Isorno, lembo di terra al confine con Spruga che sembrava davvero “alla fine del mondo“, diventa paradossalmente uno dei teatri meglio documentati visivamente di quel periodo.

Il Privilegio dello sguardo neutrale
La ragione di questa abbondanza documentaria è tanto semplice quanto rivelatrice: le fotografie di quegli scontri furono realizzate da soldati e ufficiali delle truppe elvetiche. I militari svizzeri, grazie al loro status di neutralità, avevano accesso a risorse tecniche e logistiche che permettevano loro non solo di fotografare gli eventi, ma soprattutto di sviluppare e conservare il materiale senza i rischi mortali che correvano invece i fotografi clandestini della Resistenza.

Questo esempio illumina una delle questioni centrali che il convegno di Verbania affronterà: chi aveva il potere e la possibilità di creare immagini durante la guerra? E come questo “privilegio dello sguardo” ha influenzato la narrazione visiva degli eventi? Le truppe regolari, gli occupanti, gli alleati disponevano di mezzi e sicurezza che mancavano completamente ai movimenti di resistenza, creando inevitabilmente una disparità nella documentazione storica.

Metodologie e nuove prospettive
Il programma del convegno, articolato in sei sessioni tematiche, promette di affrontare queste problematiche con rigore scientifico e ampiezza di vedute. Dalla sessione dedicata a “Resistenze e territorio” che aprirà i lavori venerdì pomeriggio, fino alle “Narrazioni ufficiali” del dopoguerra che chiuderanno sabato sera, gli studiosi presenti offriranno un panorama completo delle metodologie di ricerca e delle nuove prospettive interpretative.
Particolarmente significativa appare la sessione sui “Produttori di immagini”, che affronterà direttamente la questione dell’authorship fotografico e delle condizioni materiali di produzione delle immagini. Le relazioni di Jens Jäger sulla storiografia contemporanea tedesca e di Matteo Petracci sul “prete partigiano e fotografo nelle Marche” promettono di illuminare aspetti finora poco esplorati del rapporto tra resistenza e documentazione visiva.

Un patrimonio da valorizzare
L’iniziativa della Casa della Resistenza di Verbania, con il suo focus sulla fotografia come fonte storica, arriva in un momento particolarmente opportuno. In un’epoca di proliferazione di immagini digitali e di facile manipolazione visiva, riscoprire il valore documentario e la complessità interpretativa della fotografia storica assume un significato che va ben oltre l’interesse accademico.
Il convegno rappresenta un’occasione unica per comprendere come la memoria visiva della Resistenza si sia costruita attraverso lacune, silenzi e testimonianze parziali, ma anche attraverso la forza straordinaria di quelle poche immagini sopravvissute che continuano a parlarci del coraggio e della determinazione di chi scelse di resistere.